martedì 13 settembre 2016

Assad, Yemen, terrorismo: il delirio del ministro dell’Arabia Saudita

Riyad, 11 set – “La diplomazia sincera è possibile quanto l’acqua asciutta”, sosteneva Giuseppe Stalin per ribadire che nei rapporti fra Stati la menzogna e il bluff sono strumenti usati ed abusati. Quando però si esagera, si rischia di cadere nel ridicolo, e rimane un mistero il motivo per cui certe dichiarazioni finiscano sulle pagine di politica estera dei quotidiani (nella fattispecie il britannico Guardian) anziché nei libri di barzellette. E’ il caso, innegabilmente, delle ultime uscite del ministro degli esteri dell’Arabia Saudita, Adel Al Jubeir, che si è recentemente lanciato in arditissimi sillogismi sull’importanza dell’intervento del suo Paese nel conflitto civile del confinante Yemen. Spaventato dall’idea che il Parlamento di Londra possa essere condizionato da un imminente nuovo rapporto relativo alla connivenza britannica con i bombardamenti su obiettivi civili yemeniti operati dall’aviazione saudita, e decida di chiedere l’interruzione della vendita di armi a Riad, Al Jubeir ha cercato di spiegare che in realtà l’Arabia Saudita sta facendo la guerra agli Houthi (gli sciiti dello Yemen, in lotta contro la fazione sunnita) per fare un favore all’Occidente.

Ringraziandolo per la premura, ci chiediamo in quale modo il bombardamento di una scuola a San’a potrebbe salvare l’Europa da un attentato terroristico, ma l’ineffabile ministro ha una risposta netta: intervenendo nello Yemen, i Sauditi colpiscono la potenziale crescita di gruppi quali Al Qaeda e Isis, che al momento sono i principali attori del terrorismo internazionale. E qui, mentre un lettore totalmente digiuno di qualsivoglia nozione di Medio Oriente potrebbe anche annuire compiaciuto, chiunque sappia che i due gruppi terroristici citati sono di adamantina appartenenza sunnita, ovvero i più acerrimi rivali degli Sciiti, dovrebbe sobbalzare sulla sedia, o scoppiare a ridere. Perchè la teoria di Al Jubeir fa acqua da tutte le parti, visto che, se fosse vera, qualcuno dovrebbe spiegargli che i suoi stanno bombardando dalla parte sbagliata, e dovrebbero rivolgersi verso le basi di Al Qaeda e Stato Islamico, che stanno dalla parte opposta del martoriato Yemen. A quel punto, la stessa anima buona potrebbe anche spiegargli che, evidentemente confusi, i sauditi finanziano da anni lo stesso Isis in Iraq e in Siria – cosa talmente risaputa presso le cancellerie arabe, e occidentali da non essere nemmeno più oggetto di inchiesta. A finanziare quegli altri, ossia Al Qaeda, ci pensa invece l’emiro del Qatar, probabilmente un po’ confuso anche lui. Per aggiungere malintesi a malintesi, il ministro saudita si lancia in un’invettiva contro il Presidente siriano Assad, cioè quello che più di tutti ha combattuto contro Isis e Al Qaeda, nella sua filiale di Jabhat Al Nusra. Che oggi ha cambiato nome, per esigenze di marketing, ma ha mantenuto tutto il resto. E chiude accusando l’Iran, l’arcinemico sciita, di ogni nefandezza possibile. Usando più o meno gli stessi toni e gli stessi argomenti che usano abitualmente Isis e Al Qaeda nei loro sproloqui contro Teheran.
Profondamente grati all’Arabia Saudita per tanto altruismo, inviteremmo Al Jubeir a non preoccuparsi di noialtri, e a pensare esclusivamente al suo Paese, che non è nemmeno in grado di pagare lo stipendio ai lavoratori stranieri che si spaccano la schiena per la grandezza del Regno di Saud e che da mesi non vengono pagati, tanto da costringere i loro paesi d’origine (India e Pakistan in primis) a mandare nel deserto arabico derrate alimentari per i connazionali, per evitare di farli morire di fame. E già che c’è, caro ministro, pensi ai diecimila morti che l’intervento saudita nello Yemen ha causa in pochi mesi. E al fatto che nonostante una disparità militare da far invidia a Davide e Golia, i ribelli sciiti non sono arretrati di un metro, entrando anzi diverse volte in territorio saudita. Probabilmente, pensiamo, per ricambiare la cortesia.

E non si preoccupi, signor ministro, perchè tanto il suo collega inglese, Boris Johnson, ha già detto che non è vero che le armi vendute a Riyad poi finiscano su obiettivi civili yemeniti – sappiamo tutti che solo Assad bombarda un po’ per noia, un po’ per diletto scuole, asili nido, ospedali e parchi giochi – e comunque gli altri vostri amici, quelli d’oltreoceano con cui avete litigato un po’, sono pronti a fare pace, proponendosi di vendervi 115 miliardi di dollari di armi, per rimpolpare quell’arsenale che, con i Kalashnikov e qualche RPG, gli Sciiti vi stanno facendo a pezzi.

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